Premetto che non ho le competenze per fare di questo intervento una cosa seria. La mia vuole solo essere una riflessione su di un problema che mi si è posto, e al quale ho cercato di dare una mia motivazione. Sull’origine del mondo, credere alla religione o alla scienza? Non avendo trovato motivi a favore dell’una o dell’altra opzione che soddisfacessero pienamente le mie domande, ho cercato una conciliazione tra le due possibilità. E ho trovato che quest’integrazione, seppur probabilmente del tutto infondata, mi convince. Gradirei comunque conoscere il punto di vista di altri, così da migliorare il mio.
Accade che alcune persone neghino le teorie di Darwin sull’evoluzionismo. Del resto, è vero che sono teorie, e non leggi, in quanto non ancora dimostrate. Tutto quello che ci dicono però sembra puntare in quella direzione: la vita si è evoluta dai microrganismi fino a noi passando – cosa turpe a dirsi secondo alcuni – per le scimmie, che pare ci precedano immediatamente in questa linea.
Conosciamo tutti la storia del primo capitolo della Genesi sulla Creazione del mondo, che narra dal momento in cui dalla volontà di Dio è emanata la luce, seguita dalla separazione delle acque del cielo da quelle della terra, a loro volta separate dall’asciutto, e poi dalla creazione delle piante, degli animali marini e degli uccelli, degli animali che vivono sulla terraferma, e infine, il sesto giorno, dalla creazione dell’uomo.
E conosciamo anche l’ordine con cui l’universo e tutto quello che contiene (compresa la Terra con relative lito- atmo- idro- e biosfera) si sono formati, a partire da quella cosa grandiosa che fu il big bang fino ad oggi.
Io credo alla spiegazione del primo capitolo della Bibbia? Sì.
E credo alla spiegazione di tutti quegli scienziati che, nella storia dell’uomo, correggendosi con l’avanzare della conoscenza umana, hanno fornito l’attuale modello dell’universo e della comparsa ed evoluzione della vita sulla Terra? Sì.
Infatti la seconda è l’idea che l’uomo ricava dall’osservazione del mondo, la prima è il senso di quest’osservazione. Già Galileo nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo chiariva come la Bibbia fosse un testo scritto per allegorie ed analogie. È un testo che va interpretato, e del resto così è stato giustamente fatto in questi millenni di esegesi biblica, che non avrebbero motivo di esistere se la Bibbia andasse presa alla lettera.
L’ordine con cui le fasi della formazione del mondo vengono descritte dalle due “versioni” è lo stesso, cambiano solo i tempi. Ma per il significato che la creazione del mondo deve avere, è davvero importante indicare quanti decimillesimi di secondo o quanti miliardi di anni sono passati tra una fase e l’altra? Non mi sembra. È invece importante per la scienza, che si chiede come le cose siano fatte, e descrive quindi nei particolari la successione degli eventi. Ma, ripeto, questa successione degli eventi che viene descritta è la stessa.
Resta da chiedersi dove sia il posto dell’uomo in tutto ciò: se si è evoluto da una scimmia, l’unica differenza tra noi e i primati dovrebbe essere una manciatina di geni, che per un errore di trascrizione da una generazione all’altra abbiano causato la differenziazione della specie umana. Niente di più, quindi, di quello che distingue un pesce rosso da un cane. Ma questo, certo, è ignobilmente riduttivo. L’uomo è l’unico essere dotato di ragione e che agisce secondo stimoli ben più complessi del semplice istinto. L’uomo sa di esistere, sa che il mondo esiste, e su questi ed altri fatti si pone delle domande. Non si lascia vivere, ma vive.
C’è stato quindi un momento nella storia della vita sulla Terra in cui una specie ha compiuto un passo che l’ha posta intellettivamente al di sopra delle altre, e che è stato la base imprescindibile per lo sviluppo della civiltà, la quale trae impulso al suo sviluppo dalla curiosità e dal desiderio di conoscere. Se gli uomini non si fossero posti nessun quesito, non avrebbero mai cercato delle risposte. È quindi da porre qui la comparsa della ragione, probabilmente dovuta a un processo lento legato al progressivo sviluppo dell’area anteriore del cervello. Si tratta, in quest’ultima frase, di una spiegazione scientifica della cosa perché, come già detto, quella religiosa vorrebbe che l’uomo sia creato, e che quindi compaia già completo in ogni sua parte, ragione compresa.
Ma anche qui le due spiegazioni non stridono. Se è vero infatti che l’uomo è quel livello della natura in cui la natura ha consapevolezza del suo essere, prima di questo livello l’uomo non c’era. La specie umana compare quando compare la ragione, è la ragione stessa. La consapevolezza, per dirla in parole povere, diventa quindi lo spartiacque storico-evolutivo-spirituale tra la scimmia e l’uomo, e questa consapevolezza dell’io e del mondo, dello spirito e delle sue tensioni verso qualcosa di ingenerato da cui sente di dipendere e su cui si pone degli interrogativi esistenziali, anziché essere una somma di errori genetici, è una caratteristica inequivocabile dell’umanità, e può essere benissimo intesa, io credo, come parte del disegno divino universale voluto e iniziato con il fiat lux che ha provocato il big bang. Una volontà guida la nascita e l’evoluzione del mondo fino all’uomo.
Non potrebbe allora essere, come io credo, che entrambe le spiegazioni siano vere, e che siano semplicemente formulate in due modi diversi perché diverse sono le funzioni e gli scopi che queste due spiegazioni devono avere?
Correggetemi per ogni volta che sbaglio e ditemi la vostra, così da fare di questa riflessione quel vero Dialogo che si propone di essere.
Accade che alcune persone neghino le teorie di Darwin sull’evoluzionismo. Del resto, è vero che sono teorie, e non leggi, in quanto non ancora dimostrate. Tutto quello che ci dicono però sembra puntare in quella direzione: la vita si è evoluta dai microrganismi fino a noi passando – cosa turpe a dirsi secondo alcuni – per le scimmie, che pare ci precedano immediatamente in questa linea.
Conosciamo tutti la storia del primo capitolo della Genesi sulla Creazione del mondo, che narra dal momento in cui dalla volontà di Dio è emanata la luce, seguita dalla separazione delle acque del cielo da quelle della terra, a loro volta separate dall’asciutto, e poi dalla creazione delle piante, degli animali marini e degli uccelli, degli animali che vivono sulla terraferma, e infine, il sesto giorno, dalla creazione dell’uomo.
E conosciamo anche l’ordine con cui l’universo e tutto quello che contiene (compresa la Terra con relative lito- atmo- idro- e biosfera) si sono formati, a partire da quella cosa grandiosa che fu il big bang fino ad oggi.
Io credo alla spiegazione del primo capitolo della Bibbia? Sì.
E credo alla spiegazione di tutti quegli scienziati che, nella storia dell’uomo, correggendosi con l’avanzare della conoscenza umana, hanno fornito l’attuale modello dell’universo e della comparsa ed evoluzione della vita sulla Terra? Sì.
Infatti la seconda è l’idea che l’uomo ricava dall’osservazione del mondo, la prima è il senso di quest’osservazione. Già Galileo nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo chiariva come la Bibbia fosse un testo scritto per allegorie ed analogie. È un testo che va interpretato, e del resto così è stato giustamente fatto in questi millenni di esegesi biblica, che non avrebbero motivo di esistere se la Bibbia andasse presa alla lettera.
L’ordine con cui le fasi della formazione del mondo vengono descritte dalle due “versioni” è lo stesso, cambiano solo i tempi. Ma per il significato che la creazione del mondo deve avere, è davvero importante indicare quanti decimillesimi di secondo o quanti miliardi di anni sono passati tra una fase e l’altra? Non mi sembra. È invece importante per la scienza, che si chiede come le cose siano fatte, e descrive quindi nei particolari la successione degli eventi. Ma, ripeto, questa successione degli eventi che viene descritta è la stessa.
Resta da chiedersi dove sia il posto dell’uomo in tutto ciò: se si è evoluto da una scimmia, l’unica differenza tra noi e i primati dovrebbe essere una manciatina di geni, che per un errore di trascrizione da una generazione all’altra abbiano causato la differenziazione della specie umana. Niente di più, quindi, di quello che distingue un pesce rosso da un cane. Ma questo, certo, è ignobilmente riduttivo. L’uomo è l’unico essere dotato di ragione e che agisce secondo stimoli ben più complessi del semplice istinto. L’uomo sa di esistere, sa che il mondo esiste, e su questi ed altri fatti si pone delle domande. Non si lascia vivere, ma vive.
C’è stato quindi un momento nella storia della vita sulla Terra in cui una specie ha compiuto un passo che l’ha posta intellettivamente al di sopra delle altre, e che è stato la base imprescindibile per lo sviluppo della civiltà, la quale trae impulso al suo sviluppo dalla curiosità e dal desiderio di conoscere. Se gli uomini non si fossero posti nessun quesito, non avrebbero mai cercato delle risposte. È quindi da porre qui la comparsa della ragione, probabilmente dovuta a un processo lento legato al progressivo sviluppo dell’area anteriore del cervello. Si tratta, in quest’ultima frase, di una spiegazione scientifica della cosa perché, come già detto, quella religiosa vorrebbe che l’uomo sia creato, e che quindi compaia già completo in ogni sua parte, ragione compresa.
Ma anche qui le due spiegazioni non stridono. Se è vero infatti che l’uomo è quel livello della natura in cui la natura ha consapevolezza del suo essere, prima di questo livello l’uomo non c’era. La specie umana compare quando compare la ragione, è la ragione stessa. La consapevolezza, per dirla in parole povere, diventa quindi lo spartiacque storico-evolutivo-spirituale tra la scimmia e l’uomo, e questa consapevolezza dell’io e del mondo, dello spirito e delle sue tensioni verso qualcosa di ingenerato da cui sente di dipendere e su cui si pone degli interrogativi esistenziali, anziché essere una somma di errori genetici, è una caratteristica inequivocabile dell’umanità, e può essere benissimo intesa, io credo, come parte del disegno divino universale voluto e iniziato con il fiat lux che ha provocato il big bang. Una volontà guida la nascita e l’evoluzione del mondo fino all’uomo.
Non potrebbe allora essere, come io credo, che entrambe le spiegazioni siano vere, e che siano semplicemente formulate in due modi diversi perché diverse sono le funzioni e gli scopi che queste due spiegazioni devono avere?
Correggetemi per ogni volta che sbaglio e ditemi la vostra, così da fare di questa riflessione quel vero Dialogo che si propone di essere.
8 commenti:
Come prima cosa voglio farti i miei complimenti, che si concordi o meno si deve riconoscere la forza e la bellezza del filo logico qui esposto.
Che si condivida o no dicevo, ed io sono tra chi non condivide. E qualunque ragionameto non credo possa cambiare le nostre posizioni visto che si tratta di una questione di fede. Il tuo tentativo, ben riuscito a mio avviso, di mostrare come la bibbia cerchi di spiegare con allegorie quello che è veramente accaduto e di unire spiegazione religiosa a spiegazione scentifica, viene vanificato ai miei occhi dal fatto che non credo minimamente che dio sia apparso ad uno o più profeti per dire loro cosa e come fare. Quel libro è stato scritto da uomini per dare leggi ad uomini. Trovarvi allegorie che si leghino ai fatti scientifici fino ad ora acquisiti può sembrare un modo di dimostrarne la veridicità, ma se già so dove devo arrivare posso trovare allegorie che dimostrino qualunque cosa. Galileo, fu costreto dai tempi in cui viveva a dire certe cose se non voleva rischiare di bruciare, ed alla fine fu comunque costretto ad abiurare ciò che scientificamente aveva dimostrato, in quanto contrario alla Bibbia e ad Aristotele; ed anche se Galileo fosse stato effettivamente convinto che ciò che la Bibbia dice sia vero queto non cambierebbe nulla, sarebbe semplicemente stato un figlio dei suoi tempi con un grande lume di ragione in più. Siamo sempre meno legati alla religione man mano che il progresso ci spiega l'inesplicabile, perchè più si diradano le nebbie della nostra ignoranza meno abbiamo bisogno del Dio che ci siamo creati.
Forse un giorno arriveremo a capire con certezza assoluta come, quando e perchè l'evoluzione ha portato ad un esser autocosciente, e se quel giorno si scoprirà che è stato il fruto di un casuale incrocio di geni, di un'errata scrittura o che sò altro, non vedo di fronte a quale problema ci troveremmo. Se fosse stata la casualità o uno sbaglio della natura a generarci quale sarebbe il problema? Mi spaventerebbe di più sapere che qualcuno ci ha creato a sua immagine, legandoci per sempre inesorabilmente ad esso.
Grazie dell'intervento.
Una risposta vera e propria sarebbe troppo lunga, come ti dicevo ieri sera. Ma lasciami puntualizzare un paio di cose.
Dobbiamo chiarire cosa indichiamo col nome di Dio. Cioè: tu in che cosa non credi? Per quanto mi pare di capire, tu non credi in una causa prima che abbia provocato l'esistenza di tutto e che guidi questa stessa esistenza. C'è un controsenso: se questa causa è ciò che permette, tra le altre cose, la tua stessa esistenza, essa è immensamente superiore a te, e perciò non puoi dire, semplicemente perché non la vedi, che essa non esiste. Io non ho mai conosciuto Cicerone, ma dei testimoni affidabili mi confermano che è esistito. A questo si collega il concetto di fede: la fede non è uno slancio fideistico irrazionale, ma una conoscenza indiretta attraverso un testimone affidabile. Perciò ritengo che le nostre posizioni non siano immodificabili, perché la fede è pervasiva di ogni aspetto della vita umana, e senza di essa non esisterebbe nessuna forma di vita sociale. Anche tu la eserciti, quindi. La fede poi, utilizzata fino in fondo, può aiutare a cercare la risposta al problema del destino, del senso dell'esistenza individuale e universale.
Sulla Bibbia: non mi sembra allegorico il modo e l'ordine con cui si è sviluppato il nostro pianeta. E la sua scrittura è molto antecedente alla scoperta scientifica di questo processo.
E su Galileo, ti dovrò far leggere un suo passo quando lo trovo, che potrebbe risponderti.
Adesso è pronta la cena, continuerò la risposta prossimamente.
Ciaooo
In sintesi: Dio non ce lo siamo creato, perché Dio = senso.
E il progresso scientifico è utile, ma non dà risposte. Altrimenti oggi noi dovremmo essere molto meno inquieti di quanto fossero gli uomini di mille o tremila anni fa, ma cosa ti farebbe pensare che sia così?
Anzi, quanto più progrediamo, tante più domande ci poniamo.
Ma è un discorso inesauribile già a voce, figuriamoci via post.
diciamo che non credo che un qualcosa di superiore, diverso, ecc ecc da noi abbiamo dato inizio a tutto ne tanto meno che vegli su di noi. E non colgo il discorso sulla fede, io non metto in dubbio l'esistenza di Gesù, ne la sua grandezza come "rivoluzionario" ma che fosse il figlio di Dio è solo una questione di fede, se Cicerone avesse scritto guidato dalla mano di Dio io non dubiterei che effettivamente ha scritto, non crederei che Dio lo abbia ispirato però. Forse sono io a non comprendere il tuo discorso però
Sì, mi sa che non ci capiamo. Cicerone ha scritto come gli pareva, anche perché la Rivelazione non c'era ancora stata. Ma quasi tutto scrivono quello che vogliono, perché le scritture ispirate sono pochissime. Ma questo è forse l'aspetto meno importante.
Dovremmo prima di tutto chiarire i significati che attribuiamo alle parole. Quando preferisci
Cicerone era solo un esempio, quel che volevo dire è che posso anche credere che storicamente sono esistite le tavole dei 10 comandamenti, ma credere che li abbia dettati dio è questione di fede.
Sì, oc, anche per me Cicerone era solo un esempio.
Ma appunto, dobbiamo chiarire cosa sia la fede e che cosa sia la ragione. Troppo spesso usiamo queste parole con un significato restrittivo o distorto.
Posto il commento di una mia compagna di corso, che me l'ha mandato via email. Non condivido affatto la sua posizione, ma questo è quello che pensa lei. Secondo me non sta in piedi, perché non risponde alle domande che mi faccio, ma pazienza:
"Non sono d'accordo con quello che dici. Premesso che si tratta di opinione personale ora ti spiego il perchè:per me non ha senso paragonare le due cose poichè la Genesi ha la pretesa di essere definitiva e esatta nalla sua esposizione, mentre i fisici sanno che il modello del big bang è solo comodo per spiegare alcune cose, ma molto imperfetto per altre e un altro suo pregio è che, essendo simil- creazionista( ma solo nella successione degli eventi, come ben sai, poichè non è contemplata tanto meno una gerarchia tra i vari componenti dell'universo) è più facile da comprendere di una teoria che per esempio ponga l'universo come eternamente esistente. Non condivido inoltre l’affermazione che la scienza osserva e descrive solo il funzionamento mentre la bibbia fornisce il senso. Lo può fornire solo in chi crede in una prospettiva finalistica dell’universo, in uno scopo ultimo che un ente superiore ha stabilito per l’uomo. Non è vero che la scienza non indaghi il senso ,né io credo, come già ti dissi, a questa dicotomia tra ragione e mistero.Anche la scienza si interroga sul senso; i matematici spesso scherzano sui fisici dicendo che loro non si chiedono il perché ma si preoccupino solo che funzioni; è una cosa scherzosa che ha le basi purtroppo in un radicato pregiudizio e anche aspettativa comune per cui scienza = sviluppo tecnico, spiegazione del funzionamento…ma questa è solo una parte, quella più utilitaristica.Il fatto che la scienza sia in grado di dare spiegazioni così lineari e comprensibili nella loro sequenzialità di deduzioni meccaniche non significa che non sappia andare più in profondità o che quello che abbia scoperto sia così “riduttivo”; al grande pubblico sono restituiti solo i risultati finali e le conclusioni perché esso non padroneggia gli strumenti specialistici con cui potresti comprendere tutte le altre implicazioni( non di meno però gli è permesso di verificarne la validità se vuole).Il fatto che le descrizioni sembrino così lineari e sembrino fermarsi solo alla superficie dipende anche dal paradigma che la comunità scientifica ha deciso di adottare, perché magari in questo momento è più utile concentrarsi su altri aspetti oppure non si può ancora indagare le altre cose perchè non si padroneggiano ancora a fondo gli strumenti matematici che ne permetterebbero la comprensione. Non è detto che, cambiando paradigma in futuro, non si adottino sguardi nuovi e si conseguano nuove scoperte che abbiano la medesima profondità di questo fantomatico senso. E’ chiaro verso cosa tu propendi quando parli di “ significato della creazione del mondo”, ma perché appunto sarebbe un problema se non ci fosse un significato finalistico o simile? Altro punto che non comprendo è perché trovi che sia ignobilmente riduttivo l’imputare tutto ai geni: sembra che tu condivida quella opinione stoica per cui la materia da sé è imperfetta e le sue potenzialità si manifestano solo con un Logos divino che la vivifichi, che io reputo erronea e riduttiva. Credo che sia una deformazione dovuta sempre a quel pregiudizio di cui dicevo prima. Un gene fa la sua differenza, figuriamoci una manciata! LA sua complessità basta e avanza secondo me a darci le spiegazioni che ci servono, solo che al momento le ricerche sono ancora in corso: come fai a bollare già da ora qualcosa che non ha raggiunto al sua elaborazione definitiva( contando come detto prima, che dipende dal paradigma che adotti, cioè su quale aspetto decidi di concentrarti per studiare una cosa?)E ancora, come il tuo commentatore ha detto, se fosse pura casualità, dov’è il dramma? MA io no parlerei di casualità, ma di possibilità. Una teoria simpatica afferma che l’universo sarebbe così grande che sarebbe insensato che si fosse risparmiata di concretizzare tutte le possibilità che la natura offre: e se noi fossimo solo una di tutte le innumerevoli possibilità, cosa ci sarebbe di drammatico?Non diminuirebbe per questo la nostra bellezza né toglierebbe senso al nostro essere i qua, né tanto meno alla nostra necessità di esserci e di fare sempre il meglio e di vivere, pur essendo assente uno scopo, un fine ultimo, un significato supremo a cui appoggiarci.Questa è la mia opinione, spero possa tornare utile al Dialogo. Ciao!"
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