"Il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, della terra intera; considerare l'ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell'animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l'universo infinito, e sentire che l'animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d'insufficienza e di nullità, e patire mancamento e vòto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga nella natura umana". G. Leopardi

domenica 9 marzo 2008

Zibaldone, pagina prima

"L'uomo, l'uomo!" lei disse adirandosi contro il misurare con la misura della misura. "Che cos'è l'uomo? Neppure un virus! Basta che si pensi alla nostra galassia. E quante galassie ci sono!".
Ma un lunedì mattina, durante una pausa di due ore, lei, che non è neppure un virus, corre da un negozio di dischi all'altro, e chiede il concerto per due cembali e orchestra d'archi in do minore 1060 BWV, che ha sentito domenica.

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